I fallimenti di MacOS
Nel corso della storia sono stati inventati moltissimi sistemi operativi. Nella maggioranza dei casi sono ormai irrilevanti, si trattava di semplici esperimenti creati solo per far funzionare un determinato hardware che dopo qualche anno venivano abbandonati. Alcuni, però, hanno avuto un grande impatto sulla storia dell’informatica. Come lo Xerox Excecutive. Era il sistema operativo del computer Xerox Alto, prodotto ovviamente dall’azienda Xerox. Viene da chiedersi se la parola “alto” sugli scatoloni indicasse il nome del prodotto oppure il verso corretto per tenere la scatola sugli scaffali. È importante perché si trattava del primo sistema operativo progettato per avere una interfaccia grafica e il mouse (fino a quel momento si usava solo la tastiera come forma di input principale). Era stato creato nel 1973, ma soltanto come strumento interno alla Xerox stessa: lo usavano per progettare facilmente gli altri dispositivi da vendere al pubblico. Arrivò nei negozi appena nel 1981, ma sotto forma di una costosissima workstation completa: il computer, lo schermo, un disco di dimensioni notevoli, e una stampante laser costavano circa trentamila dollari (oltre centomila dollari, oggi).
Nonostante l’alto prezzo non lo abbia reso un successo commerciale, ha ispirato altre aziende. Innanzitutto, il Blit dei Bell Labs. Poi, il Lisa OS dell’Apple Lisa, l’X Window System per Unix, e Windows di Microsoft. Questi tre software sono apparsi più o meno uno nello stesso periodo, tra il 1983 e il 1985, ma hanno avuto storie ben diverse. X è diventato molto comune quando è stato integrato in GNU Linux. Windows ha avuto un grande successo grazie alla diffusione dei PC IBM, e mantiene tutt’ora la maggioranza del mercato desktop. Il LisaOS, invece, è stato abbandonato dopo poco tempo: l’alto costo del Lisa, necessario per soddisfare le capacità grafiche volute da Steve Jobs, non lo rendeva facilmente acquistabile come personal computer (quasi diecimila dollari dell’epoca). Insomma, era un computer pensato per avvicinare tutti all’informatica, ma che solo i più ricchi si potevano permettere. Come costruire un auto di quelle che si guidano a 14 anni senza la patente, ma farla costare trentamila euro: quale quattordicenne potrebbe permettersela? Dai suoi concetti di base, però, nacque il Mac OS per supportare il Macintosh, un computer molto più economico del Lisa. Il prezzo di 2500 dollari lo rese molto popolare.
All’inizio il nome del sistema era solo System, evidentemente si era deciso di risparmiare anche sul nome. Naturalmente, vista la ridotta potenza del Macintosh (appena 128KB di RAM), si era rivelato necessario ridurre il sistema all’osso, e molte funzioni non erano presenti. Il rilascio del Macintosh venne ritardato a causa dei continui ripensamenti di Jobs, che voleva rendere l’interfaccia più gradevole possibile alla vista ma non si concentrava troppo sul funzionamento sotto la scocca. Persino verso la fine degli anni ‘80, il Macintosh non era progettato per renderizzare più di un programma alla volta. Il contributo più importante di Jobs al progetto Mac fu lo spot pubblicitario ispirato al libero 1984 di Orwell, che catturò l’interesse del pubblico e permise la vendita di molti esemplari già nel primo mese, nonostante il sistema fosse molto limitato.
Soltanto dalla versione 5 di Mac OS (anno 1987) venne implementato il Multifinder, che permetteva di passare da un programma grafico all’altro, ottenendo di fatto una sorta di multitasking. A quel punto, però, le cose cominciarono a rallentare: la versione 7 di Mac OS arrivò nel 1991 e rimase in circolazione fino al 1997. Praticamente l’unica grande novità per il pubblico fu il palmare Apple Newton, che non fu molto apprezzato. In quegli anni Microsoft aveva già rilasciato Windows 95, e stava per pubblicare Windows 98. Al confronto, Mac OS 7 era obsoleto, sembrava un relitto di un’altra epoca. La versione 7 aveva introdotto il cooperative multitasking, ma la logica era che il sistema operativo desse il controllo completo del computer a un programma, nella speranza che a un certo punto il programma restituisse il controllo al sistema. Però ovviamente le cose non andavano sempre così, perché quando un programma andava in crash non restituiva il controllo e il computer si bloccava completamente. Il sistema non venne aggiornato in modo sostanziale fino al 1997 perché nel frattempo Apple, con Steve Jobs estromesso fin dal 1985 perché tendeva a creare disordini tra i dipendenti, aveva riconosciuto il predominio di IBM e sperava di sviluppare un sistema operativo nuovo (chiamato Taligent) proprio collaborando con IBM. Il problema è che Taligent sembrava sempre sull’orlo di poter sostituire Mac OS, ma non fu mai davvero abbastanza pronto. E in buona parte perché gli sviluppatori Apple temevano, per preguidizio, che IBM portasse loro via il controllo del progetto, quindi non collaboravano completamente con i programmatori dell’altra azienda. A quel punto Apple decise di puntare sul progetto Copland. L’idea era di realizzare un sistema nuovo, dotato di un kernel in grado di gestire un reale multitasking, e eseguire tutto il codice già esistente del vecchio MacOS in un ambiente virtualizzato (Blue box).
Il problema è che tutti gli sviluppatori che avevano lavorato su Taligent, per cercare di non perdere il lavoro, cominciarono a inserire il proprio lavoro in Copland. Il risultato fu che Copland divenne un carrozzone pieno di cose diverse incapaci di funzionare assieme. Il sistema era talmente instabile che durante una dimostrazione pubblica lo staff dovette continuamente sostituire i dischi rigidi che venivano danneggiati da un crash del sistema. Apple decise quindi di procedere con una strada più tipica di Microsoft: comprare un sistema operativo già esistente, modificarlo per farlo assomigliare a un MacOS, e rivenderlo. Vennero considerate varie alternative, tra cui Solaris e Windows NT. Ma alla fine la scelta ricadde su NeXTSTEP Si trattava di un sistema operativo creato dall’azienda NeXT, fondata da Steve Jobs dopo essere stato allontanato da Apple. Jobs non voleva vendere solo il sistema, ma l’intera società e poter rientrare in Apple. E così avvenne: diventò amministratore delegato di Apple, e guidò la trasformazione del sistema nel nuovo macOS. Chiuse il progetto Copland, licenziando tutti gli sviluppatori di cui non aveva più bisogno, tenendo solo quelli strettamente necessari per il nuovo sistema operativo. Naturalmente, il lavoro avrebbe richiesto molto tempo, e bisognava trovare un sostituto per MacOS 7 prima che gli utenti abbandonassero Apple. La soluzione fu di prendere solo alcune piccole migliorie di Copland e integrarle in MacOS, per rilasciare la versione 8 in modo che fosse più stabile. Poi venne creata una versione di transizione, MacOS9: questa era nata con l’idea di passare al nuovo macOS X, quindi vennero introdotte alcune librerie che costituivano il cuore del futuro sistema operativo. E il sistema fu pensato per essere virtualizzato facilmente così da consentire il funzionamento dei vecchi programmi sul nuovo sistema. Nel 2001 venne presentato macOS X. Anche qui, Steve Jobs fece una presentazione a effetto, con tanto di funerale di MacOS9 sul palco. Ma non fu sufficiente a dissipare i dubbi. Si trattava chiaramente di un sistema molto diverso dai precedenti, con un microkernel Mach e il resto della struttura basato su FreeBSD, e non tutti erano sicuri di potercisi abituare. Il problema era anche che la nuova interfaccia grafica, la famosa Aqua con la dock e gli effetti grafici, risultava molto lenta sui computer più datati. Solo dopo alcuni anni, con la comparsa di iMac più potenti, il sistema divenne molto apprezzato. Da quel momento il sistema rimane di fatto lo stesso, subendo soltanto delle modifiche di massima. Gli iMac non sono comunque mai stati il punto di forza di Apple, che ha trovato la sua fortuna nei dispositivi portatili come iPod, iPad e iPhone. Insomma, forse l’errore è stato quello di voler fare a tutti i costi concorrenza a IBM e Microsoft, quando in realtà per salvare la compagnia sarebbe bastato riprogettare l’Apple Newton.